MANIFESTO

Evento  in collaborazione con Postmodernissimo Cinema

Aldo Iori, docente della cattedra di Storia dell’Arte presso ABA Perugia presenta: 

 

MANIFESTO regia di Julian Rosefeldt 

con Cate Blanchett, Erika Bauer, Carl Dietrich, Marie Borkowski Foedrowitz, Ea-Ja Kim

 

Durata 94 minuti - ingresso scontato per studenti ABA

Il Manifesto del Partito Comunista raccontato da un homeless, i motti dadaisti recitati da una vedova a un funerale, il Dogma 95 descritto da una maestra ai suoi alunni e così via. 13 personaggi diversi: ogni personaggio uno scenario, ogni scenario un movimento celebrato attraverso intensi monologhi. A dare corpo a queste parole una sola attrice: Cate Blanchett calata in 12 personaggi diversi. Lo si potrebbe definire in molti modi Manifesto. Uno di questi potrebbe essere: documentario. Definire ‘documentario’ questa opera di Julian Rosefeldt rischia di essere molto riduttivo.

Non perché il genere documentario sia una forma minore di espressione mediale (il successo che sta meritatamente riscontrando in questi anni ne costituisce una testimonianza inattaccabile). Il fatto è però che in questa occasione si va oltre le regole che definiscono il genere per offrire allo spettatore un’esperienza unica.

Non a caso, prima di arrivare sul grande schermo, è nato come installazione. L’esperienza è unica perché una sola attrice ha prestato se stessa per fare esistere esseri umani contestualizzati in ambiti totalmente differenti l’uno dall’altro. Cate Blanchett ci aveva già dato grande prova di trasformismo interpretando Bob Dylan in Io non sono qui ma in questa occasione supera se stessa considerando anche il tempo ristretto (12 giorni) delle riprese.

Ma non si tratta di puro e semplice virtuosismo attoriale (che di per sé sarebbe comunque già sufficiente per apprezzare il film) perché l’obiettivo è decisamente elevato. Rosefeldt rilegge un gran numero di ‘manifesti’ per saggiarne la consistenza e la presa (se ancora c’è) sul rapporto odierno tra società, arte e vita quotidiana. Andiamo così da Marx a Lars Von Trier passando per Marinetti, Kandinsky, Apollinaire, Fontana, Breton, Éluard e innumerevoli altri. Le loro parole, le loro ribellioni (giovanili e non) vengono fatte proprie da una punk tatuata oppure da una CEO a una festa privata ma proprio questa apparente astrazione le fa risuonare con maggiore evidenza interpellandoci.

Non è obbligatorio sapere tutto del Futurismo o del Situazionismo così come del Surrealismo o del Minimalismo. Anzi, stranamente, ci si accorgerà che meno se ne sa più quelle invettive o quelle definizioni che non lasciano spazio ad alternative acquisiranno una energia che si fa nuova proprio perché ignorata. Il confronto e la riflessione saranno inevitabili e produttivi.